Codacons contro il bonus auto elettriche
Il nuovo bonus auto elettriche limita l’accesso a chi vive in aree urbane funzionali. Il Codacons denuncia: esclusa quasi metà degli italiani, rischio ritardi.
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Il recente ecobonus destinato all’acquisto di veicoli elettrici sta suscitando accese polemiche, sollevando interrogativi sulla sua reale efficacia e, soprattutto, sulla sua equità sociale. Il provvedimento, al centro del dibattito politico e sociale, viene definito da molti osservatori come un’iniziativa discriminatoria, capace di escludere una larga fetta della popolazione italiana dal processo di transizione verso la mobilità sostenibile.
A guidare la critica è il Codacons, che non usa mezzi termini nel denunciare quella che ritiene una “grave falla” nel sistema degli incentivi. Secondo l’associazione dei consumatori, la nuova misura rischia di escludere quasi la metà degli italiani, proprio coloro che, più di altri, avrebbero bisogno di un supporto concreto per sostituire i vecchi veicoli altamente inquinanti. La denuncia non si limita a una semplice presa di posizione: il Codacons sottolinea come la struttura stessa del provvedimento vada a penalizzare chi già si trova in una posizione di svantaggio rispetto all’accesso alle nuove tecnologie.
L’elemento più controverso del nuovo bonus auto elettriche riguarda l’introduzione di un criterio geografico senza precedenti. Per poter accedere agli incentivi, infatti, sarà obbligatorio risiedere in una delle cosiddette zone urbane funzionali (Fua). Queste aree corrispondono a grandi agglomerati urbani con almeno 50.000 abitanti o ai comuni limitrofi che presentano un intenso flusso pendolare verso i centri principali. Un vincolo che, di fatto, restringe notevolmente la platea dei beneficiari.
Le cifre parlano chiaro: le zone urbane funzionali identificate in tutta Italia sono appena 83, per un totale di 1.892 comuni su oltre 8.000. In pratica, circa 26 milioni di cittadini, pari al 45% della popolazione nazionale, vengono automaticamente esclusi dalla possibilità di accedere agli incentivi. Un dato che evidenzia la portata della discriminazione territoriale introdotta dal provvedimento e che solleva non pochi dubbi sulla coerenza della strategia adottata dal governo.
Il paradosso di questa situazione è ancora più evidente se si considerano i dati sull’età media del parco auto italiano, che ha raggiunto i 12,8 anni. Il 24% delle vetture circolanti appartiene alle categorie più inquinanti (Euro 0-3), eppure proprio chi vive al di fuori delle grandi città, dove spesso circolano i veicoli più vecchi e meno efficienti, si trova ora impossibilitato a usufruire del ecobonus per rinnovare la propria auto. Un corto circuito normativo che rischia di vanificare gli sforzi compiuti finora in tema di sostenibilità ambientale.
La questione si complica ulteriormente per quanto riguarda i tempi di attuazione della misura. Prima che le domande possano essere presentate, sarà necessario che l’Istat aggiorni la mappa delle zone urbane funzionali. Questo passaggio tecnico rischia di provocare ulteriori ritardi, generando incertezza tra gli operatori del settore e contribuendo a una paralisi del mercato automotive, già alle prese con un periodo di grande difficoltà e in attesa di segnali concreti per il rilancio.
Il dibattito pubblico si polarizza tra due posizioni contrapposte. Da un lato, c’è chi sostiene la necessità di concentrare gli incentivi proprio nelle aree dove le infrastrutture di ricarica sono più sviluppate, ovvero nei grandi centri urbani. Dall’altro, si fa strada la consapevolezza che il vero rinnovamento del parco auto dovrebbe partire dalle periferie e dalle zone rurali, dove la sostituzione dei veicoli più inquinanti avrebbe un impatto ambientale e sociale ben più significativo.
Nel frattempo, le pressioni sul governo affinché riveda i criteri di accesso al bonus auto elettriche si fanno sempre più forti. L’obiettivo dichiarato è quello di garantire una maggiore equità, evitando che la residenza diventi un fattore discriminante nell’accesso agli incentivi per la mobilità sostenibile. Il futuro del provvedimento resta incerto: le associazioni dei consumatori, gli operatori del settore e le amministrazioni locali chiedono a gran voce un intervento tempestivo che possa correggere le distorsioni evidenziate e consentire al sistema degli incentivi di funzionare davvero come volano per la transizione ecologica.
In attesa di risposte chiare e di una possibile revisione della normativa, il settore automotive italiano rimane in una fase di stallo, con il rischio concreto che le opportunità offerte dalla mobilità elettrica si trasformino, ancora una volta, in un privilegio per pochi. Solo un’azione rapida e inclusiva potrà evitare che la transizione verso un futuro più sostenibile si traduca in una nuova forma di disuguaglianza sociale.
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